Vossio nel suo comento a Catullo, cita spesso un codice ch’ei chiama eximiae pulchritudinis cognominandolo or Italiano, or Milanese. Tutte le lezioni vossiane della chioma Berenicea concordano con parecchie del codice A, e con tutte quasi di questo cartaceo (vedi nostre varianti e note passim). Una altra pruova che il Vossio parli di uno di questi due codici si è ch’ei viaggiò in Italia verso l’anno mdcxl, né la biblioteca Braidense era ancora fondata; bensì l’Ambrosiana aperta sin dal mdix. E sebbene sieno stati negli ultimi anni molti codici δορύκτητα, si sa di certo che niuno de’ Catulliani è stato carpito. Vero è che il Vossio, nel corso del suo comento cita alcuna lezione del suo codice favorito a cui l’ambrosiano non risponde: ma chi credesse di buona fede un erudito ove si tratti di varie lezioni e di dottissime emendazioni gli farebbe più torto che onore. I codici citati a dozzine e sì vantati dagli editori ed interpreti de’ classici, non sono perduti. Tutti o la più parte si possono vedere nelle biblioteche, specialmente d’Italia e d’Olanda. Chi li svolgesse con critico acume s’accorgerebbe che la maggior parte o sono triste copie d’amanuensi venali ed ignoranti, o simulazioni di letterati per arricchire le loro biblioteche e sostenere le proprie opinioni; e queste dei letterati posteriori alla stampa. Chi non sa le gare, i rancori, le villanie degli eruditi nel secolo xv e xvi? Marc’Antonio Mureto, il più gentile di tutti, lasciò anch’egli due esempj di mala fede; e Gioseffo Scaligero, ὁ πάνυ, due esempi di ignoranza. L’inno a Cibele che si trova nel carme xlii di Catullo è in metro galliambo, raro fra’ latini. Lo imitò il Mureto. Piponzio Valente (nel ii delle Georgiche virgiliane, v. 392) citò come antichi alcuni galliambi foggiati dal Mureto, nel quale errore cadde lo Scaligero. Donde vennero contumelie