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Per le candide spalle abbandonando
In due liste le chiome, con dorato,
Onde poi rintrecciarle in lunghe anella,
Pettine le scevrava.
Alcuni degli imperadori si compiaceano de’ loro fulvi, e biondi capelli, non imitando Augusto che sebbene li avesse di questo colore, e mollemente ritorti, li trascurava, tosandosi troppo sovente (Sveton., cap. 29). Non così Nerone (Svet., 51), né Ottone (Tacito, Stor. lib. i); ed il primo cantò in certi versi mentovati da Plinio (lib. xxxvii, cap. 3) i capelli di Poppea, chiamandoli succinos, colore tra il nero e l’aureo, di cui parla distesamente l’autore citato. Lucio Vero, se s’ha a credere a Giulio Capitolino, dicitur sane tantam habuisse curam flaventium capillorum, ut capiti auri ramenta respergeret, quo magis coma illuminata flavesceret. Similmente di lui Elio Lampridio: Fuit capillo semper fucato, et auri ramentis illuminato. Né sia di meraviglia che le donne belle e gl’imperadori (perocché l’une e gli altri inebriati per continue adulazioni affettano divinità) coltivassero le bionde capigliature. Apollo e Bacco, bellissimi numi, Mercurio e Minerva, protettori de’ capelli (vedi considerazione nostra iv), erano biondi. Ne’ frammenti dell’inno alle Grazie da me citato, il capo di Pallade è detto Πυῤῥόκαμος; ecco la mia versione:
Involontario nel Pierio fonte
Vide Tiresia giovinetto i fulvi
Capei di Palla, liberi dall’elmo,
Coprir le rosee disarmate spalle;
Sentì l’aura celeste, e mirò le onde
Lambir a gara della diva il piede,
E spruzzar riverenti e paurose
La sudata cervice e il casto petto