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Or, tornando alla questione, se fosse vera la osservazione del Conti, che Zefiro, dovendo passare per la regione planetaria, abbia deposta la chioma nel grembo della Venere celeste, converrebbe credere che questa diva fosse locata anche da Callimaco nel terzo cielo, cominciando a numerare que’ globi dal Sole. Or vediamo come questa Diana o Dione, o universa natura abitante nel cielo, fosse adorata sotto il nome di Venere celeste. Ricavo da Cicerone (libro iii de nat. Deor. cap. 41) quattro Veneri donde poi pullulò quel numero di Veneri con diversi e strani cognomi: i. Procreata dal Cielo e dall’Aria. ii. Dalla spuma del Mare e dal sangue de’ genitali. iii. Da Giove. iv. La dea Siria, di cui abbondantemente Luciano: sebbene è da osservarsi che quest’ultima Venere è derivazione della prima a cui fu associata Semiramide. Platone nel convito distingue due Veneri, una terrestre e sensuale, l’altra celeste e spirituale, e quindi due Amori. Ora la Venere, a cui reca Zefiro le chiome di Berenice, sia quella del terzo cielo, sia un’altra seduta nel coro degli Dei, deve certamente essere la celeste, di cui non abbiamo favole invereconde. Dal seguente passo d’Artemidoro si desume ch’ella era la inventrice della divinazione. Τὴν Ἀφροδίτην Οὐρανίαν φύσεων εἶναι μητέρα ὅλων, πάσης μαντείας, καὶ προγνώσεως εὑρετήν Ed eravi un oracolo della celeste dea in Cartagine, che Apulejo (Flor. iv) chiama Caelestem illam Afrorum daemonem: la quale non è insomma, per tradurre le parole di artemidoro, se non la madre di tutte le cose, come s’è già notato (Consideraz. terza) di Diana natura, di Diana madre. Ed i critici moderni (Conti, Sogno nel globo di Venere, comento p. 15) pretendono, con l’autorità della Bibbia che la Venere celeste non sia che l’Astarte, e l’Astarte la luna; ed eccoci di nuovo all’antichità ed alla universale divinità di Diana. Quindi