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d’Alessandro, conclude: Dalle parole di lui manifestamente appariva ch’egli non aveva in se medesimo persuasione di essere dio, né superbiva per ciò: ma serviasi di questa opinione della divinità sua per così meglio sottomettersi gli altri. Così i Tolomei, suoi successori, non veggendosi a principio stabilmente signori dell’Egitto, tentarono tutte le vie per associarsi agli dèi. Quindi la favola dell’aquila, di cui parlano Suida, e Diodoro siculo (lib. xvii); quindi le celesti e regali origini di Lago, da noi già notate (discors. ìii, 2), e gli onori divini fatti da’ Rodiani a Tolomeo primo, adorandolo come Salvatore (Diod. sic., lib. xx; Plutarco in Demetrio, Pausan. in Atticis). Ma, perch’ei dovea più sperare dall’opinione che le genti aveano d’Alessandro, che di lui medesimo, egli usò d’armi e d’astuzia per avere il cadavere del Magno, e lo seppellì in Menfi, donde poi Filadelfo lo trasportò in Alessandria (Strab. lib. xvii; Curzio, lib. x, cap. ult.; Diodoro, lib. xviii; Pausan., in Atticis). Dopo di che, Filadelfo fece ascrivere fra gli immortali il padre e la madre Berenice, e fabbricò loro (Teocr., panegirico di Tolomeo ) templi odorati; ed innalzò cospicui simolacri d’oro e di avorio onde sieno aiutatori a’ mortali ed a’ loro devoti. E stabilì loro feste ricorrendo certi mesi, e sacrifici di vittime massime (id. ibid.) Non trovo ricordanza di favole teologiche intorno a Tolomeo primo; bensì i suoi successori comprarono gli uomini scienziati, ed i poeti per istituire un culto a Berenice, fondato sul mirabile.
Teocrito idil. xvii, v. 45:
O veneranda e sovra tutte quante
Dee la più bella, o Venere! Tua cura
Fu Berenice, e tua mercè la bella
Non varcò d’Acheronte il molto pianto.
Tu la rapisti pria che al fiume negro
e al sempre triste traghettier de’ morti