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ma se dalla base, se dal colosso, se da taluna delle statue circostanti partisse, non so affermarlo. Bastino questi due storici: i miracoli della voce mennonia narrati da’ poeti e da’ romanzieri e da’ loro scoliasti non fanno per noi; e chi li vuole può averli ove io li ho dianzi additati, e nelle varie opere di Filostrato sopra tutto. Vero è che molti uomini illustri, e fra i romani Germanico (Tacito Ann. ii, 61), l’imperadore Severo (Sparziano in Sever. cap. xiii) ed Adriano, siccome appare dalle iscrizioni che oggi si leggono sul colosso, entrarono nell’alto Egitto per vedere tanto miracolo. Moltissime iscrizioni incise sul colosso da quelli che dopo lunga peregrinazione udirono la voce divina, sono recitate dal Pochockio, e lungo sarebbe il trascriverle; e chi ne fosse curioso, le cerchi nell’Itinerario di questo eruditissimo inglese (Pochock’s, Observations on Egypte, pag. 101 e seg.)<ref>. Dirò solo, che né sempre s’udiva, né tutte le volte che la statua veniva percossa dal sole (Jourtnal des principaux écrits qui se publient, marzo 1742, artic. iv). E ciò appare anche dalla seguente iscrizione:

c. lelia africani praef.
vxor avdi. memnonem
prid.... febr. hora i̅. s.
cvm iam tertio venissem
.


Però Lelia per essere fatta degna del miracolo dovè ritornare tre volte. Della ragione della voce pochi parlano. Pausania la crede effetto della materia sassea, la quale risuonasse per forza del calore solare: ma né altri lo dice, e la statua stessa che oggi si vede nella Tebaide tace. Ecco la descrizione ch’io traggo dal Pochockio. È sedente, con le palme appoggiate sulle ginocchia. Dal ventre ed i gomiti in giù è di un sol pezzo di marmo poroso, granito e d’insigne né più veduta durezza. Dal