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seguite poi nella nuova edizione, tranne poche mutazioni, dall’Ernesto.
IV. Ben risente della filosofia del suo secolo il commentario d’Isacco Vossio1, figliuolo dell’infaticabile Gherardo, uomo a cui poco delle antichitá orientali, greche o romane stava nascosto. Troppo bensì compiaceva al proprio ingegno, e pescava nelle tarlature de’ codici nuove lezioni, per adornarle quindi del suo tesoro. Doveva almeno avere questo esemplare sotto gli occhi quel Filippo Silvio, che compilò un’esposizione a’ tre poeti ad usum Delphini2. Que’ teologi, innacquando il maschio latino de’ classici con quelle loro parafrasi 3, deviano i giovinetti dalla fatica, e quindi dallo studio di quella lingua e dall’amore del bello. Violando i testi per accumulare alla fine del libro tutti i tratti men verecondi, corrompono maggiormente la gioventù, perché le preparano uniti quei versi; mentre per leggerli separati avrebbe
- ↑ Londra, 1684: ripetuta altrove due volte. —
- ↑ Parisiis, 1685: ripetuta a Londra ed a Venezia.
- ↑ Di questo infelice metodo vedi i danni nel lib. 2 de orat. in Cicerone. Che mai può essere la interpretazione fatta da quel prete Pichon a Tacito, se ogni frase di questo scrittore è gravida di pensieri, e molte parole racchiudono la metafisica e le origini della giurisprudenza romana?