Pagina:Foscolo - La chioma di Berenice, 1803.djvu/189


183


de’ viaggiatori, e de’ viaggiatori francesi, ei stenta a credere che l’Athos fosse quel monte che dovea essere eterno monumento della statua d’Alessandro immaginata da Dinocrate (voyage en Grèce et en Turquie, tom. ii, cap. 38). Plutarco scrive Stasicrate nella vita di Alessandro; Vitruvio, nel proemio del lib. ii, Dinocrate; Strabone Chinocrate; Giustino, lib. xii, Cleomene. Dovea quel colosso tenere nella sinistra mano una città di diecimila abitanti, e versare dalla destra un fiume, che dall’alto cascasse nell’Egeo (Plutarco, loc. cit.). Né fa motto il Sonini dell’altre storie, per cui quel monte è nobilitato; anzi pare ch’ei tenga da poco tutte le antiche memorie. Ma, se pur fosse vero che l’Athos, come ei lo vedeva, o gli parea di vederlo, smentisse la magnificenza con che gli storici ne parlarono, non doveva essergli ignoto che i monti decrescono coll’andare de’ secoli. Ch’ei fosse altissimo lo sappiamo dalle tradizioni di età immemorabili, poiché sulle sue vette si salvò Deucalione dall’acque che innondarono quella parte del mondo (Platone nel Timeo, sul principio). Plinio scrive che l’ombra dell’Athos cadeva sino a Lenno (lib. iv, 10), appunto dentro il foro di Mirina, borgo; Belonio sino a Mitilene, sei miglia men lontano. Da’ greci de’ miei giorni è anzi annoverato fra gli altissimi monti, ed è abitato da innumerabili monaci, che si governano in forma di repubblica. Un monumento, che s’incontra nel tomo primo delle antichità greche compilate dal Gronovio, rappresenta il genio dell’Athos con la testa che posa sulla mano, e con gli occhi rivolti alla terra. La quale immagine credesi dagli eruditi simbolo del diluvio da cui quel monte salvò i mortali.