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ludi giovenili, di cui Tacito fa motto (Annal., xiv, 15), vennero istituiti per la commemorazione della prima barba da Nerone deposta: il che imitò da Ottaviano che tenne per festivo il giorno della barba e lo decretò pubblico (Dione, cap. 80). Ma Nerone, degno suo successore, non pago dell’anniversario, consecrò ad aeternam rei memoriam la sua lanugine a Giove Capitolino dentro una pisside d’oro contornata di gemme (Svetonio, in vi Caes. cap. 12). Per isdegno contro gli dèi, voleva anche Caracalla abbruciare i suoi capelli sull’ara, mentre stava sacrificando; ma stendendo la mano per istrapparseli si trovò calva la testa (Erodiano, Storia, lib. iv, 12). E calvo era. Le medaglie lo rappresentano chiomato: ma o quelle chiome sono parrucche, di cui vedi nella considerazione ix, o (sia detto con pace degli antiquarj) le medaglie mentono. Luciano nel libro pro imaginibus, poco dopo il principio, narra che la famosa Stratonica moglie di Seleuco e poi del figliuolo di lui Antioco, della quale canta anche il Petrarca (Trionfo d’Amore ii, v. 115 e sg.), promise due talenti al poeta che meglio lodasse le sue chiome. Tutto il mondo sapeva che per malattia,

          Quod solum formae decus est, cecidere capilli;

pur vi furono poeti che cantarono:

          Quis expedivit psittaco suum χαιρε?
          Magister artis ingeniique largitor
          Venter:

ed il ventre insegnava il canto ad Ulisse (Odiss. lib. xvii, 286, ed altrove), e le linde adulazioni ad Orazio (lib. ii, epist. 2). Così la paura avrà consigliato alle province di battere medaglie ben-chiomate al calvo imperadore. Ben disse Giovenale (Sat., iv, v. 70) che nulla v’ha di sì stravagante, che i potenti non credano di se stessi, e che gli adulatori non facciano credere.