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di Samo, e dal vecchio Anacreonte. Il tiranno, avvisando che il fanciullo fosse lusingato dal canto del poeta lo fece radere per gelosia (Eliano, storie varie, lib. ix, 4; Ateneo lib. xii, 9). Licurgo, severissimo contro tutte le mollezze, lasciò inviolate le chiome, perch’ei diceva che accrescevano bellezza a’ belli e faceano più terribili i brutti (Plutarc. in Licurg.). Ma Paolo apostolo (Ad Corinth. i, cap. xi, 14) vieta le chiome, perch’ei promoveva una setta d’uomini che hanno ad essere dimessi e di aspetto e di cuore. Onde il teologo Inglese Carlo Maetio (Sylva quaest. insignium) nega a’ cristiani ciò che Licurgo non negava a’ lacedemoni. Rispose Iacopo Revio nel libretto Libertas Christiana circa usum capillitii defensa; e la questione divenne acre, e fu nel secolo passato sorgente di sofismi teologici e d’ingiurie. Ma di che argomento non sono eglino benemeriti i teologi? Ben fa Lorenzo Sterne, ὀ πακαρίτης, che, quantunque parroco anch’egli, beffa fumando i teologi Didio e Futatorio (The life and opinions of Tristram Shandy, vol. iv, cap. 27).
Or poiché la chioma fu sì cara cosa per gli antichi, Berenice die’ gran pegno di amore al marito votando la sua. Temendo forse Domiziano che i popoli non fossero al suo tempo sì creduli come sotto a’ primi Tolomei, (sebbene avrebbe trovato e poeti e sacerdoti ed astronomi, che di capelli avrebbero fatto stelle) consecrò ad Esculapio in Pergamo dentro una pisside d’oro la chioma di Flavio Earino, avvenentissimo giovinetto (Stazio, Selve, iii). Ma non le chiome solo: i giovinetti consecravano la prima lanugine del mento a’ numi dotati di eterna gioventù (Callim., in Delo, v. 298; Gioven., satir. iii, v. 1S6; Marziale, lib. iii, epigr. 6). La religione a’ tempi degli imperadori prese qualità dalla universale corruzione. Xifilino nota, sebben ora non mi sovvenga dove, che i