Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
11 |
emende, al Mureto1. Quel gentile e coltissimo ingegno di molta luce illustrò Catullo, sebbene nella chioma di Berenice talor confessi di non intendere, e chiami Edippo in ajuto. Ricco di codici, e più del suo pieno che dell’altrui, fu Achille Stazio2. Amendue vennero saccheggiati dal Toscanella3, dal Gisselio4 e dal Pulmano4, grammatici.
III. Capitano di nuovi commentatori uscì Gioseffo Scaligero5. Ereditò dal padre l’acuto ingegno, l’audacia nel manomettere i classici, lo studio indefesso6, la sterminata erudizione, le gelosie letterarie, e l’acre stile con che Giulio Cesare assalì Erasmo, e più infelicemente il Cardano. Traspaiono tutte queste doti dalla esposizione alla chioma di Berenice. Giano Douza7, morto giovine di egregie speranze, e benemerito di Lucilio, giurò spesso nelle parole dello Scaligero.
- ↑ Venet., 1554, apud Paulum Manutium: ripetuta assai volte dal Grifio.
- ↑ In aedibus Manutianis, 1566: edizione assai mentovata, ma infrequente.
- ↑ Basileae, ex officina Henrici Petrina, 1569: ripetuta due volte altrove.
- ↑ 4,0 4,1 Antuerpiae, ex officina Plauntiniana, 1569.
- ↑ Lutetiae Parisiorum, apud Patisson, 1577: ripetuta altrove più volte.
- ↑ Dedicando Cat., Tib, e Prop. al Puteano, vantasi lo Scaligero: «Ne integrum quidem mensem illis tribus poëtis recensendis impendimus».
- ↑ Lugd. Batavorum, 1588.