effigiali minuti simolacri di vittoria, e cervi, forse per indicare le vane speranze e la fuga de’ barbari. Bacone porta diversa opinione intorno a questi simboli, e sarà quella forse la più probabile. — Queste cose mi dà la storia. Mi conferma nel parere che il culto di Nemesi non sia più antico della prima guerra Persica; il vecchio Esiodo che nel poema ἔργα καὶ ἡμέραι, al verso 200 la nomina; ma il testo risponde sdegno generoso pari a quel del poeta ebreo irascimini et nolite peccare. Nella Teogonia verso 223 la annovera fra le figliuole della Notte, ed ivi non risponde che ad Ira; poiché Esiodo canta Nemesi strage degli uomini mortali; ma egli lascia la cura alle Parche, vers. 219 e seg., di perseguitare le colpe degli uomini e degli Dei. Infatti la voce Νέμεσις suona indignazione, e talora è presa per invidia. Onde è che presso Eschilo ne’ Sette sotto Tebe, verso 241, questa voce è usata per quello sdegno che nasce dall’invidia. Il che viene confermato anche nell’epigramma xxii di Callimaco. Osserva Plutarco nell’opuscolo dell’oracolo Pitico, ed Isaco Tzetze sopra Licofrone al principio, che Nemesi è chiamata del pari Leda ed Elena. Ed in Atenagora sul principio dell’apologia si legge che Elena Adrastea era del pari con Ettore adorata da’ Trojani. Or Adrastea è Nemesi; e così la chiama Euripide, Reso, verso 342. Ἀδράστεια suona inevitabile, onde questa giustizia di Nemesi é punitrice diversa dalla giustizia distributiva di Temide. Che si chiamasse poi Leda ed Elena appare dallo scoliaste greco di Callimaco inno in Diana ove il poeta dicendo rd verso 232: ἀμφ´ Ἑλένῃ Ῥαμνουσίδι θυμωθεῖσαι, per Elena Rannusia adirati l’interprete antico chiosa: in Ramnute d’Attica Giove dormì con Nemesi: nacque l’ovo; Leda il raccolse,