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134 NOTE. Verso 71.


Testatur moritura Deos, et conscia fati
Sidera: tum, si quod non aequo foedere amantis
Curae Numen habet, justumque memorque precatur.

Ma questo non è l’unico né il maggiore de’ granchi presi dal gramatico. Sebbene fosse poi data a Nemesi la tutela de’ fedeli amanti e la vendetta degli orgogliosi, Nemesi a’ tempi di Enea non era che una delle tante Veneri. Ecco l’origine della rinomanza della Dea. I barbari nella prima guerra Persica sbarcati a Maratona venti miglia distante da Rannute, ridendosi delle forze ateniesi, insolenti per le proprie, vollero prima della battaglia erigere un trofeo di marmo pario per la vittoria futura (Pausania in Atticis). Sconfitti a Maratona i persiani, attribuirono la rotta alla Dea, e cominciò a celebrarsi, ed a diffondersi per tutta la Grecia il culto di Nemesi, forse per politica degli ateniesi che vollero così procacciarsi un Nume proprio e tutelare. Di quel marmo pario fu poi fatta la statua di cui parla Bacone nell’operetta d’oro de Sapientia Veterum, sebbene egli si taccia e l’autore, e l’età, e le cagioni. Eustazio ( Iliad. ii ) racconta che quella statua era di tanta beltà da non invidiare quelle di Fidia. Ma se l’avesse attribuita a Fidia avrebbe mostrato più di esattezza. Teneva nella destra mano una fiala ove si vedeano sculti gli etiopi ( Pausau. loco cit. ), nella sinistra un ramo di pomo. Sul ramo era scritto αγαροκριτος παριος εποιησεν: Agarocrito Pario fece (Esichio). Or sappiamo da Plinio lib. xxxvi. 5, che Fidia amava oltramodo questo Agarocrito suo discepolo, e che anzi gli fece onore di molte opere sue attribuendole a lui. Svida è nel parere di Plinio, anzi Pausania attribuisce la statua a Fidia. Era coronata; nella corona erano