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note. Verso 66. 123


le altre lezioni; la trovo in un’edizione accurata di Callimaco, Londra 1741, d’incerto editore: anche il Valck. la seguì nella sua: e parmi la più genuina forma patronimica de’ nomi femminini. La chioma di Berenice è poco lontana dall’Orsa maggiore; la favola di questa costellazione è una delle più passionatamente descritte da Ovidio nel ii delle metamorfosi. Era figliuola di Licaone re d’Arcadia, e seguace di Diana; fu violata scaltramente da Giove, cacciata da Diana, e convertita in orsa da Giunone gelosa. Errando per le foreste, Arcade figliuolo di lei avuto da Giove, volle, non conoscendola, ucciderla. Per pietà fu convertita in costellazione. — Altri la chiamano carro di Boote. Dicono che Filomeno lo inventò, o secondo Igino lib, ix cap. 4 fu Ione; e la inconoscenza degli agricoltori a quali fu utile deificò l’inventore. Cita Omero le due opinioni, Odissea lib. v. verso 270.

     E il timon dottamente governava,
     Sedendo, Ulisse. Nè cadeva il sonno
     Su le palpebre sue; ma contemplando
     Ei le Plejadi stava, e di Boote
     Il tardo tramontar, e la grande Orsa
     Che altri chiamano plaustro, e che si volge
     Quindi rimpetto ad Orïon, la sola
     Dell’Oceano da’ lavacri intatta.

Questi versi sono ripetuti nello scudo d’Achille, Iliade xviii verso 486 e seg. Ma ho scelto a tradurre quelli dell’Odissea, perchè non trovo pittura più schietta d’uomo che navighi solo di notte.