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54 vii - viaggio sentimentale di yorick


ad onore del proprio padrone lo trattò di due bicchieri del vino migliore di Piccardia: e il servo in contraccambio, e per non cedere in cortesia, lo condusse à l’hotel del conte de L***, dove La Fleur, perché avea il passaporto spiegato sul viso, s’affratellò, in grazia della sua prévenance, con tutta la gerarchia della cucina. E siccome un francese, qualunque abilità egli possieda, non ha ritrosia veruna a sfoggiarla, non erano corsi cinque minuti che La Fleur s’era già tratto di tasca il suo piffero, e, menando egli la danza, mise in ballo al primo preludio la fille-de-chambre1, il maitre-d’hotel, il cuoco, la guattera, tutti i servi, i cani, i gatti e un vecchio scimiotto: né credo che dal diluvio in qua vi sia stata mai cucina piú allegra. ‘

Passando dalle stanze del conte alle sue, madame de L*** udí quel tripudio. Suonò chiamando la fille-de-chambre, e ne chiese; e, come seppe che il valletto del gentiluomo inglese avea col suo piffero messa in brio la famiglia, comandò ch’ei salisse.

Ma il cattivello, che non sapeva come presentarsele a mani vote, saliva le scale, addossandosi mille e piú complimenti in nome del suo padrone: v’aggiunse una serie d’apocrife inchieste sulla salute di madame; le significò che monsieur suo padrone era au dèsespoir 2, temendo ch’ella si risentisse de’disagi del viaggio; e, per dir tutto, che monsieur aveva ricevuta la lettera di cui madame l’onorò.

  1. I francesi alle cameriere dicono «fille-de-chambre»; ma pare che Yorick volesse che le fossero tutte «filles», poiché cosí sempre la chiama. Nondimeno il Liber memorialis di Didimo chierico ammonisce caritatevolmente ogni viaggiatore: «Che ove prima non abbia bene imparati tutti i vari modi di proferire il vocabolo «fille», non se lo lasci uscire di bocca; da che i francesi, sí per adonestare ogni pensiero immodesto, sí per la filosofica brevità del loro idioma, sogliono accumulare parecchie idee in un solo vocabolo, e chiamano la loro fantesca ‘fille’; la loro figliuola ‘fille’, la vergine ‘fille’; la misera peccatrice ‘fille’», ecc. Lib. iii, n. 28 [F.].
  2. «Qui in Parigi s’iperboleggia: ove una donna si compiaccia di un’inezia, ti dice: ‘qu’elle est charmèe’; e se alcun’altra cosa la incanta, grida: ‘ch’essa è rapita’ (e ciò può anche darsi); e allora la terra non fa per lei. e ti fugge dagli occhi, e vola a cercar una metafora tra gli spiriti, per dirti: ‘qu’elle est extasièe’: né tu trovi donna di bon ton la quale non cada in sí fatte estasi sette volte al giorno: intendi ch’essa è spiritata, o si sente il diavolo in corpo». Vedi Sterne, Lettere: questa lettera è scritta al celebre Garrick [F.].