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sul «commentario della battaglia di marengo» 227


dante i granatieri e cacciatori consolari a cavallo, coglie quest’occasione di gloria, ed, aspirando a dare alla milizia eletta l’onore dell’ultima carica, previene questo corpo nimico, si avventa, lo fa piegare e lo caccia sbrancato sul rio; cosí è ecceduto il fianco alla fanteria, determinata la ritirata generale, e sparso il tumulto e il terrore in tutte le schiere nimiche.

Il giovane Beauharnais, facendo spiccare alla testa dei cacciatori la foga dell’età sua congiunta all’esperienza di un provetto guerriero, si manifestò fino d’allora degno delle sorti che l’attendevano.

Già la notte copria la pianura, e favoriva le reliquie dell’esercito austriaco a ripassare i ponti; e i francesi, in mezzo ai loro trofei sanguinosi, posavano al sereno sulla posizione ch’essi occupavano prima della battaglia.

L’autore séguita il suo racconto fino alla pace segnata dopo la giornata di Hohenlinden. A noi giova di arrestarci alla vittoria di Marengo,

     per quam . . .
     crevere vires, famaque et imperi
     porrecta maiestas;

epigrafe tratta da Orazio, e che l’illustre storico pose di fronte al suo libro.

La lettura di quest’opera riuscirà forse immatura a’ novizi della milizia; ma i guerrieri provetti non la mediteranno senza sommo profitto. Non v’è particolarità sul numero e il genere delle armi, su le stagioni e le ore, su la natura del terreno che non sia scrupolosamente notata. Le tavole in rame insegnano piú di qualunque libro di teorie militari, le quali, come tutte le teorie, ove siano destitute d’esempi vivi e presenti, non giovano se non a far gli uomini buoni à parole e tardissimi a’ fatti: i disegni furono levati geometricamente dagl’ingegneri geografi, sotto la direzione del generale Sanson, ispettore del Genio. Ad una carta generale, ove sono topograficamente accennate tutte le marce, gl’incontri e combatti-