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174 notizia intorno a didimo chierico


nevole, e, benché fosse alloramai intorno a’ trent’anni, aveva aspetto assai giovanile; e forse per queste ragioni Didimo, tuttoché forestiero, non era guardato dal popolo di mal occhio, e le donne passando gli sorridevano, e le vecchie si soffermavano accanto a una porticciola a discorrere seco, e tutti i bambini, de’ quali egli si compiaceva, gli correvano lietissimi attorno. Ammirava assai; ma «piú con gli occhiali — diceva egli — che col telescopio», e disprezzava con taciturnità sí sdegnosa, da far giusto e irreconciliabile il risentimento degli uomini dotti. Aveva, per altro, il compenso di non patire d’invidia, la quale, in chi ammira e disprezza, non trova mai luogo. E’ diceva: — La rabbia e il disprezzo sono due gradi estremi dell’ira: le anime deboli arrabbiano, le forti disprezzano; ma tristo e beato chi non s’adira! —

xiv

Insomma, pareva uomo che, essendosi in gioventú lasciato governare dall’indole sua naturale, s’accomodasse, ma senza fidarsene, alla prudenza mondana. E forse aveva piú amore che stima per gli uomini; però non era orgoglioso né umile. Parea verecondo, perché non era né ricco né povero. Forse non era avido né ambizioso: perciò parea libero. Quanto all’ingegno, non credo che la natura l’avesse moltissimo prediletto né poco. Ma l’aveva temprato in guisa da non potersi imbevere degli altrui insegnamenti; e quel tanto, che produceva da sé, aveva certa novità che allettava e la primitiva ruvidezza che offende. Quindi derivava in esso, per avventura, quell’esprimere in modo tutto suo le cose comuni, e la propensione di censurare i metodi delle nostre scuole. Inoltre, sembravami ch’egli sentisse non so qual dissonanza nell’armonia delle cose del mondo: non però lo diceva. Dalla sua operetta greca si desume quanto meritamente si vergognasse della sua giovanile intolleranza. Ma pareva, quando io lo vidi, piú disingannato che rinsavito; e che, senza dar noia agli altri, se ne andasse quietissimo e sicuro di se medesimo per la sua strada, e