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lungo la francia e l'italia 137


Maria, sebbene non fosse alta, aveva forme di prima bellezza; l’afflizione le aveva ritoccato il volto d’un certo che, che non pareva terreno: ad ogni modo era donna; e tanto da tutta la sua persona spirava tutto ciò che l’occhio vagheggia e l’anima desidera in una donna, che, se potessero cancellarsi le tracce impresse nel suo cuore, e quelle di Elisa dal mio, non solo essa manderebbe del mio pane e berrebbe nella mia tazza, ma Maria poserebbe sul mio petto e mi sarebbe figliuola1.

Addio, misera sconsolata vergine! imbevi l’olio e il vino che la compassione d’uno straniero, mentr’egli passa pellegrinando, versa ora su le tue piaghe2. Iddio solo, che ti ha per due volte esulcerata, può rimarginarle per sempre.

LXVI

IL BOURBONNOIS

Eppure la mia fantasia s’era già lusingata d’immagini allegre! e oh quanto l’anima mia s’aspettava di tumultuar nella gioia in quel viaggio, e in que’ giorni della vendemmia, e per quelle piagge amenissime della Francia! Ma!... quivi appunto il dolore mi aprí la sua porta; e ogni gaia speranza m’abbandonò. In ciascheduna di quelle scene di giubilo m’appariva nel fondo la pensosa Maria sedente all’ombra del pioppo: ed io già toccava Lione, né avea per anche potuto coprirla d’un velo.

Cara sensibilità! tu se’ l’inesauribile fonte degl’incanti della voluttà e degli spasimi dell’angoscia! tu incateni il tuo martire sovra un letto di paglia, e tu stessa lo sublimi teco oltre al

  1. «Et in sinu pauperis domiens, eratque illi sicut filia». Reg., lib. ii [F.].
  2. «Samaritanus quidam iter faciens, misericordia motus est: el appropians alligavit vulnera eius, infundens oleum et vinum». Evang. Luc., x, 33 [F.].