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116 vii - viaggio sentimentale di yorick


lire, un paio di calzette di seta periate; e diede l’ultima mano a questo corredo con un’aria avvenente datagli, e senza chiedergli un soldo, dalla natura.

Cosí in gala e ripettinato all’ultima foggia, mi si presentò con un bouquet galantissimo in petto: era insomma tutto festivo. E mi corse a un tratto nell’animo che era domenica; e, tra l’abito festivo e la festa, m’avvisai ch’ei volesse la sera innanzi pregarmi perch’io mi contentassi ch’ei si godesse tutto quel giorno, come ognuno suole in Parigi. Mentr’io ci pensava, La Fleur con umiltà modestissima e confidente, quasi che né egli dovesse chiedere né io potessi disdirgli, implorò per quella giornata la libertà, pour faire le galant vis-à-vis de sa maitresse; il che io per l’appunto intendeva di fare vis-à-vis de madame de R***: però io teneva noleggiata tuttavia la remise; e, se vi fosse salito dietro uno staffiere corredato al pari di La Fleur, la mia vanità lo avria vagheggiato. Onde allora il suo divertimento mi costava piú caro che mai.

Ma, in sí fatte perplessità, bisogna piú badare al cuore che all’aritmetica. I figliuoli e le figliuole della servitú rinnegano nel loro patto la libertà, ma non la natura, e sono di carne e di sangue, ed hanno essi pure le lor superbiette; e, mentre sudano nel lavoro, sentono anch’essi i desidèri quanto i padroni, da cui sono pagati. Ben è vero, non devono piú dir «voglio», nol nego; anzi le loro pretese mi paiono talvolta sí capricciose, ch’io le deluderei le piú volte: se non che il troppo poterlo fare, e la loro misera condizione, me ne sconforta. «Vedi, vedi, sono tuo servo»1, mi disarma a un tratto dell’autorità di padrone.

— Va’ pure, La Fleur — gli diss’io. — Ma, La Fleur! e che innamorata hai tu potuto beccarti in sí pochi giorni in Parigi? —

La Fleur si mise una mano sul petto, e disse ch’era una petite demoiselle di casa di monsieur le comte de B***.

La Fleur era bello e nato per la società; e, per non frodarlo del suo merito, dirò ch’egli in ciò somigliava al suo padrone.

  1. «Ecce quia servi sumus et in servitute». Esdrae, lib. i, c. 9, 9 [F.].