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60 iv - seconda redazione delle

nero e il suo fazzoletto da collo stavano gittati sopra una sedia vicina. Era vestito del gilé, de’ calzoni lunghi e degli stivali; e cinto d’una fascia larghissima di seta, di cui un capo pendeva insanguinato, perché egli forse, morente, tentò di svolgersela dal corpo. Il signore T*** gli sollevava lievemente dalla ferita la camicia, che, tutta inzuppata di sangue, gli si era attaccata sul petto. Iacopo si risenti ed alzò il viso verso di lui, e, guardandolo con gli occhi nuotanti nella morte, stese un braccio per impedirlo, e tentava con l’altro di stringergli la mano; ma, ricascando con la testa sui guanciali, levò gli occhi al cielo e spirò.

La ferita era assai larga e profonda; e, sebbene non avesse colpito nel cuore, egli si affrettò la morte perdendo il sangue che scorreva a rivi per la stanza. Gli pendeva dal collo il ritratto di Teresa tutto nero di sangue rappreso; se non che era alquanto polito nel mezzo; e le labbra insanguinate di Iacopo fanno congetturare ch’egli nell’agonia baciasse la immagine della sua amica. Stava su lo scrittoio la Bibbia chiusa, e sovr’essa l’oriuolo; e presso, vari fogli bianchi, in uno de’ quali era scritto: «Mia cara madre» e da poche linee cassate appena si potea rilevare «espiazione», e piú sotto «di pianto eterno». In un altro foglio si leggeva soltanto l’indirizzo a sua madre, come s’egli, pentitosi della prima lettera, ne avesse incominciata un’altra, che non gli bastò il cuore di terminare.

Appena io giunsi da Padova, ove fui costretto ad indugiare piú ch’io non voleva, rimasi spaventato dalla calca de’contadini che piangevano sotto i portici del cortile; ed altri mi guardavano attoniti, e taluno mi pregava di non salire. Balzai tremando nella stanza, e mi s’appresentò il padre di Teresa gettato disperatamente sopra il cadavere, e Michele ginocchione con la faccia per terra.

Io non so come ebbi tanta forza d’avvicinarmi e di porgli una mano sul cuore presso la ferita: era morto, freddo. Mi mancava il pianto e la voce; io stava guardando stupidamente quel sangue: venne finalmente il parroco, e subito dopo il chirurgo, i quali con alcuni famigliari ci strapparono a forza dal fiero spettacolo. Teresa visse in tutti que’ giorni fra il lutto de’ suoi in un mortale silenzio. La notte mi strascinai dietro il cadavere, che da tre lavoratori fu sotterrato sul monte de’ pini.