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ultime lettere di iacopo ortis 53


quali nel tempo addietro gli erano stati discepoli. Iacopo né le accettò, né le ricusò. Tornò a piedi a’ colli Euganei, e si pose subito a scrivere.


venerdí, ore 1.

E tu, mio Lorenzo, mio leale ed unico amico, perdona. Non ti raccomando mia madre; io so che avrá in te un altro figliuolo. O madre mia! ma tu non avrai piú il figlio, sul seno di cui speravi di riposare il tuo capo canuto; né avrai potuto riscaldare queste labbra morenti co’ tuoi baci! E forse tu mi seguirai!... Io vacillava, o Lorenzo. È questa la ricompensa dopo ventiquattro anni di speranze e di cure?... Ma sia cosí! Il cielo, che ha tutto destinato, non l’abbandonerá... né tu! Lorenzo, finché io non bramava che un amico fedele, io vissi felice. Il cielo te ne rimeriti! Ma t’aspettavi ch’io ti pagassi di lagrime?... Purtroppo ti pagherei a ogni modo di lagrime! Or tu non proferire su le mie ceneri la crudele bestemmia: «Chi vuol morire non ama nessuno». Che non tentai sopra di me? che non feci? che non dissi a Dio? Ah! la mia vita purtroppo sta tutta nelle mie passioni, e, se non potessi distruggerle meco, oh a che angosce, a che spasimi, a quanti pericoli, a quali furori, a che deplorabile cecitá, a che delitti non mi strascinerebbero a forza! Un giorno, o Lorenzo, prima ch’io decretassi la morte mia, io stava genuflesso implorando dal cielo pietá, e le mie lagrime pioveano abbondanti; e in quel punto mi si sono improvvisamente inaridite le lagrime, e il cuore mi s’è inferocito, e avresti detto che mi venisse mandato appunto dal cielo un delirio ad assalirmi, e mi rizzai, e scrissi alla giovine misera che io me ne andavo ad aspettarla in un altro mondo, e che non tardasse a raggiungermi, e l’ammaestrava del come e del quando e dell’ora. Ma poi non forse la compassione, non la vergogna, né il rimorso, né Iddio, bensí l’idea che non è piú la vergine di due mesi fa, e che è donna contaminata dalle braccia d’un altro, ha incominciato a farmi pentire di sí atroce disegno. Vedi come la vita mia sarebbe a voi tutti piú dolorosa che la mia morte,