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52 iv - seconda redazione delle


Iacopo le strinse la mano e la guardava come se volesse affidarle un secreto; ma ben tosto si ricompose, e le chiese la sua benedizione.

Ed ella, alzando le mani al cielo: — Ti benedico... ti benedico; e piaccia anche all’Onnipotente di benedirti. —

Avvicinatisi alla scala, s’abbracciarono. Quella donna sconsolata appoggió la testa sul petto del figliuolo.

Scesero; io li seguiva; lo benedisse di nuovo, ed ei le ribaciò la mano e la baciò in volto.

Io stava piangente: dopo avermi baciato, mi promise di scrivermi, e mi lasciò dicendomi: — Sovvengati sempre della nostra amicizia. — Poi, rivoltosi alla madre, la guardò un pezzo senza far motto, e partí. Giunto in fondo alla strada, si rivolse, e ci salutò con la mano, e ci mirò mestamente, come se volesse dirci che quello era l’ultimo sguardo.

La povera madre si fermò su la porta, quasi sperando ch’egli tornasse a risalutarla. Ma, volgendo gli occhi lagrimosi dal luogo dond’ei se l’era dileguato, s’appoggiò al mio braccio, e risalí dicendomi: — Caro Lorenzo, mi dice il cuore che non lo rivedremo mai piú. —

Un vecchio sacerdote di assidua famigliaritá nella casa dell’Ortis, e che gli era stato maestro di greco, venne quella sera, e ci narrò che Iacopo era andato alla chiesa dove Lauretta fu sotterrata. Trovatala chiusa, voleva farsi aprire a ogni patto dal campanaro; e regalò un fanciullo del vicinato perché andasse a cercare del sagrestano che aveva le chiavi. S’assise, aspettando, sopra un sasso nel cortile. Poi si levò, ed appoggiò la testa sulla porta della chiesa. Era quasi sera; quando, accorgendosi di gente nel cortile, senza piú attendere, si dileguò. Il vecchio sacerdote aveva udite queste cose dal campanaro. Seppi, alcuni giorni dopo, che Iacopo sul far della notte era andato a trovare la madre di Lauretta. — Era — mi diss’ella — assai tristo: non mi parlò mai della mia povera figliuola, né io l’ho nominata mai per non accorarlo di piú. Scendendo le scale, mi disse: — Andate, quando potrete, a consolare mia madre. —

Per acquetare sua madre e i miei funesti presentimenti, deliberai di accompagnarlo sino ad Ancona. Egli frattanto tornava a Padova, e smontò in casa del professore C***, dove riposò il resto della notte. La mattina, accommiatandosi, gli furono dal professore offerte lettere per certi gentiluomini delle isole giá venete, i