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CONSIDERAZIONE DECIMA PRIMA

corona d’arianna.

D’Arianna abbandonata da Teseo vedi in Catullo nell’epitalamio di Tetide, v. 164; Tibullo, lib. ni, elegia vi, 39:

          Gnossia, Theseae quondam periuria linguae
               flevisti ignoto sola relicta mari.

Properzio nell’elegia a Bacco, lib. in, xvii, v. 7:

          Te quoque enim non esse rudem testatur in astris
               lyncibus in coelum veda Ariadna tuis.

Della costellazione parlano Manilio, lib. v, v. 262, e Virgilio, Georg., i, 223:

Gnossiaque ardentis dece dal stella Coronae.


E l’Alighieri tocca questa favola nell’Inferno (canto xii, vv. 15-20), e descrive la costellazione della Corona nel Paradiso (canto xiii, 14). Ma spesso e piú a lungo ne canta Ovidio; l’amore e il tradimento di Teseo è passionatamente dipinto nell’eroide decima, la piú bella forse dopo l’epistola di Saffo a Faone, e da cui l’Ariosto (Orlando, canto x) derivò la sua Olimpia abbandonata. Non so dire quale mistero velasse questa Corona nella teologia degli antichi. Si dice che Vulcano la compose d’oro e di gemme, con le quali Teseo diradando le tenebre del laberinto sia uscito salvo. Igino riferisce (lib. ii, 5) che fu donata da Bacco ad Arianna come dono di amore; ed Ovidio, Metam., lib. viii, 176:

          . . . . . . Desertae et multa querenti,
          amplexus et opem Liber tulit: utque perenni
          sidere clara foret, sumtam de fronte Coronam
          immisit coelo: tenues volat illa per auras;
          dumque volat, gemmae subitos vertuntur in ignes
          consistuntque loco, specie remanente Coronae:
          qui medius Nixique genu est, Anguemque tenentis.