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288 vi - commento alla «chioma di berenice»


crine (Gioven., sat. xiii, 81), e salvi lo appendevano (Luciano, in Ermotimo, sulla fine): e Petronio ( Satirycon, cap. ciii) lo chiama «nanfragorum ultimum votum»1. I sette capitani contro Tebe (Eschilo, ne’ Sette, v. 42 e sg.),dopo avere giurato l’eccidio di quella cittá bagnandosi le mani nel sangue, appesero le loro chiome; poiché lo scoliaste greco a quel passo ove ricorre la voce Μνημεῖα, «monumenti, ricordi», chiosa: τρίχας, «crini», βοστρύχουν, «ciocche». — I leviti ebrei (Num., viii, 7), i sacerdoti gentili e le vestali consecrandosi si recideano i capelli (Plin., lib. x, 43). I cureti, sacerdoti di Giove, de’ quali vedrai nella Considerazione settima, traevano questo nome (Strabone, lib. x) dal loro capo tosato. * Pare che gli ebrei nelle pubbliche sciagure si radessero. Isaia, cap. xv, verso 2, nella distruzione di Moab: «in cunctis capitibus eius calvitium, et onmis barba radetur»; e poco prima, cap. iii, 17: «Decalvabit Dominus verticem filiarum Sion, et Dominus crinem earum nudabit». Bensí fu vietato a’ giudei di radersi ne’ funerali, come rito d’idolatri (Deuteronomio, xiv, 1); rito solenne a tutti gli orientali. Quinto Curzio, lib. x, c. 5; Svetonio, in Calig., cap. 5. Delle donne indiane antiche, Properzio, eleg. xiii, lib. iii: «Uxorum positis stat pia turba comis».

Si consecravano anche a’ fiumi (Eschilo, Persiani, v. 486; Omero, Iliad., xx, 140; Pausan., lib. v, p. 683; ibid., p. 638): ed è insigne ne’ Monumenti inediti illustrati dal Winckelmann la gemma ov’è inciso Peleo che promette al fiume Sperchio la chioma di Achille, se questi ritornava salvo da Troia (vol. 1, fig. 125). Si consecravano le chiome a’ morti Eschilo (Coefore, sul principio) dice «chioma luttuosa», πλόκαμον πενθητήριον, quella che Oreste doveva offerire al sepolcro del padre. Elettra (ibid., v. 178): καὶ τὴν κουρίμιν χάριν παΤρι; soavissima espressione. E Properzio, lib. i, eleg. xvii, 21:

Illa meo caros donasset funere crines.


Né i figli e le amanti soltanto, ma le madri e le sorelle. Ovidio, ove non fu all’infelice Canace concesso di far l’esequie al figliuolo, Eroid., xi, v. 115:

          Non mihi te licuil lacrymis perfundere iustis,
               in tua non tonsas ferre sepulchra comas.

  1. * E un poveretto di nome Lucilio, scampato dal naufragio, dedicò per gratitudine agli dèi marini la sua chioma tosata: non aveva altro (Luciano, epigr. 34, ediz. Reitzio, Amsterdam, Wetsienn, 1743, t. iii). *