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discorso quarto 263


degli incliti ciurmadori de’ miei tempi, non dissimili a quegli statuari e pittori che rappresentassero mostri e chimere rimote dalle idee di tutte le genti: onde né pittori sono, né scultori, né poeti quei che abbandonano la imitazione, madre delle arti belle.

IV. Fortunati dunque que’ popoli, a’ quali toccava in sorte una religione, che a tutte le umane necessitá, a tutti gli eventi naturali assegnava un iddio1. Cosí il sapere, il coraggio, l’amore, l’aere, la terra, le cose insomma tutte quante, erano in tutela di un nume lor proprio, che avea propria storia e proprie forme. Cosí i benefattori degli uomini venivano, coll’andare degli anni, ascritti al coro de’ celesti. Cosí i poeti traeano da tutti i piú astratti pensieri allegorie e pitture sensibili, piú de’ sillogismi e de’ numeri preste a persuadere: quello piú doma e vince le menti, che piú percuote i sensi. Magnificavano le passioni, umanizzando gli dèi e divinizzando i mortali. La fantasia inclina ad abbellire i numi; e, siccome fra gli antichi i numi erano in tutte le passioni e in tutti gli effetti naturali, cosí l’uomo e la natura erano luminosamente rappresentati. E, quando le nostre azioni si attribuiscano agli dèi, noi ci compiacciamo, perché ci sembra che contraggano del divino. Chi de’ greci e de’ troiani di Omero non aspirava a’ baci di Venere, poiché li avevano conseguiti Adone ed Anchise? Ché se taluno opponesse queste cose non essere vere, non gli domanderò io che mai sappia egli di vero, anzi dirò che ben mi si oppone, giacché la nostra poesia è vóto suono e lusso letterario. Ma, se ella fosse teologica e legislatrice come l’antica, assai meglio torrebbero i pastori de’ popoli di descrivere al volgo la sera, dicendo col poeta Stesicoro: «Che il Sole, figliuolo d’Ipperione, discendeva nell’aureo cocchio, acciocché, traversando l’oceano, pervenisse a’ sacri profondi vadi della notte oscura, onde abbracciare la madre, la virginale consorte ed i cari figliuoli»2. La qual dipintura piú agevolmente le virtú domestiche persuadeva

  1. * Ragioni di questa religione del politeismo troverai nell’Emilio di Rousseau, verso la fine del libro quarto. *
  2. Frammenti de’ lirici greci, stampati le piú volte dopo Pindaro.