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lettera x 91


Perdona, Lorenzo, s’io rompo la narrazione ad un passo così interessante. Davvero, ti scrivo svogliatamente, perché questo tempo...; e poi Michele mi chiama a pranzo.

Il sole, o Lorenzo, squarcia finalmente le nubi, e consola la mesta natura, diffondendo sulla di lei faccia un suo raggio. Io ti scrivo rimpetto al balcone, donde miro l’eterna luce che si va poco a poco perdendo dall’estremo orizzonte dipinto a mille colori. L’aria torna serena, e la campagna, benché allagata e coronata soltanto di alberi sfrondati e cospersa di piante appassite o atterrate dalla pioggia e dai venti, brilla piú allegra di quel che lo fosse prima della tempesta. Cosí, o Lorenzo, lo sfortunato si scuote dalle funeste sue cure al solo raggio della speranza, e inganna la sua trista ventura con que’ piaceri ai quali era affatto insensibile in grembo alla cieca prosperitá.

Frattanto il dì mi abbandona; odi la campana della sera: eccomi dunque al compimento della mia narrazione.

Noi seguitammo Teresa, che tornò alla saletta: si pose a cucire, e mandò la ragazza a farsi addormentare dalle novelle della Margherita. Odoardo giuocò meco a’ scacchi sino alle nove, allorché li lasciai per tornarmene a casa.

Era di giá dieci passi lontano, quando sentii la voce di Odoardo che mi chiamava dalla finestra. Salii di bel nuovo, e Teresa mi si fe’ incontro alla metá della scala, dicendomi che si avevano sin da ieri proposto di visitare, prima della partenza di Odoardo, la casa del Petrarca in Arquá, e mi pregavano di esser loro compagno. Accolsi di buongrado l’invito, ed Odoardo divisò ch’io sarei stato ad attenderli a casa mia, poiché per arrivare ad Arquá dovevano necessariamente passare per questi dintorni.

La mattina, sentendomi scosso da non so chi, mi destai, e, strofinandomi gli occhi, vidi la Giovannina che mi carezzava le guance e mi andava bisbigliando all’orecchio: — Iacopo, Iacopo; è qui la mamma. —

Appena vestito, corsi incontro a Teresa, che stava in una loggetta scoperta a cogliere dai vasi favoriti di mia madre la