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ultime lettere di jacopo ortis 295


La sposa parea intenerita. — Oh, purtroppo! — esclamò con un sospiro affettato. — Ma... chi per altro ha bisogno di pane non deve assottigliarsi tanto su l’onore.

— Inaudita bestemmia! —proruppi. — Voi dunque, perché favoriti dalla fortuna, vorreste essere virtuosi voi soli; anzi, perché la virtú su la oscura vostr’anima non risplende, vorreste reprimerla anche ne’ petti degl’infelici, che pure non hanno altro conforto, e illudere in questa maniera la vostra coscienza? —

Gli occhi di Teresa mi davano ragione: quando gridai con nerissima voce: — Coloro che non furono mai sventurati, non sono degni della loro felicitá. Orgogliosi! guardano la miseria per insultarla: pretendono che tutto debba offrirsi in tributo alla ricchezza e al piacere. Ma l’infelice che serba la sua dignitá è uno spettacolo di coraggio a’ buoni e di rimbrotto a’ malvagi. — Io gridava come un indiavolato, e sono uscito cacciandomi le mani ne’ capelli. Grazie a’ primi casi della mia vita, che mi costituirono sventurato! Lorenzo mio! io non sarei forse tuo amico, io non sarei amico di questa fanciulla. Mi sta sempre davanti l’avvenimento di stamattina. Qui, dove siedo solo, tutto solo, mi guardo intorno e temo di rivedere alcuno de’ miei conoscenti. Chi l’avrebbe mai detto? Il cuore di colei non ha palpitato al nome del suo primo amore! Ella anzi ha osato turbare le ceneri di lui, che le ha per la prima volta ispirato l’universale sentimento della vita. Né un solo sospiro? Ma che stravaganza! affliggersi perché non si trova fra gli uomini quella virtú, che forse, ahi! forse, non è che vòto nome.

Io non ho l’anima negra; e tu il sai, mio Lorenzo: nella mia prima gioventú avrei sparso fiori su le teste di tutti i viventi. Chi, chi mi ha fatto cosí rigido e ombroso verso la piú parte degli uomini, se non la loro ipocrita perfidia? Perdonerei tutti i torti che mi hanno fatto. Ma, quando mi passa dinanzi la venerabile povertá, che, mentre s’affatica, mostra le sue vene succhiate dalla onnipotente opulenza; e quando io vedo tanti uomini infermi, imprigionati, affamati, e tutti supplichevoli sotto il terribile flagello di certe leggi... ah! no, io non mi posso