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ultime lettere di jacopo ortis 291


6 aprile.

È vero, troppo! Questa mia fantasia mi dipinge cosí realmente la felicitá ch’io desidero, e me la pone dinanzi agli occhi, e sto li li per toccarla con mano, e mi mancano ancor pochi passi; e poi? l’infelice mio cuore se la vede svanire, e piange quasi perdesse un bene posseduto da lungo tempo. Ma tuttavia egli le scrive che la cabala forense gli fu da prima cagione di ritardo, e che poi la rivoluzione ha interrotto per qualche giorno il corso de’ tribunali. Aggiungi l’interesse, che soffoca tutte le altre passioni. Un nuovo amore forse... Ma tu dirai: — E tutto ciò cosa importa? — Nulla, caro Lorenzo: a Dio non piaccia ch’io mi prevalga della freddezza d’Odoardo; ma non so come si possa starle lontano un solo giorno di piú! Andrò dunque ognor piú lusingandomi, per tracannarmi poscia la mortale bevanda che mi sarò io medesimo preparata?

11 aprile.

Ella sedeva sopra un sofá rimpetto la finestra delle colline, osservando le nuvole che passeggiavano per l’ampiezza del cielo. — Vedi — mi disse — quell’azzurro profondo! — Io le stava accanto muto muto, con gli occhi fissi sulla sua mano, che tenea socchiuso un libricciuolo. Io non so come, ma non mi avvidi che la tempesta cominciava a muggire e il settentrione atterrava le piante piú giovani. — Poveri arbuscelli! — esclamò Teresa. Mi scossi. S’addensavano le tenebre della notte, che i lampi rendeano piú negre. Diluviava, tuonava. Poco dopo vidi le finestre chiuse e i lumi nella stanza. Il ragazzo, per far ciò ch’ei soleva fare tutte le sere e temendo del mal tempo, venne a rapirci lo spettacolo della natura adirata; e Teresa, che stava sopra pensiero, non se ne accorse e lo lasciò fare.

Le tolsi di mano il libro, e, aprendolo a caso, lessi:

«La tenera Gliceria lasciò su queste mie labbra l’estremo sospiro! Con Gliceria ho perduto tutto quello ch’io poteva mai perdere. La sua fossa è il solo palmo di terra ch’io degni di