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ultime lettere di jacopo ortis 277


strarmi. precipitato da quella stessa fortuna che potrebbe innalzarmi, e battuto dalla mano che ha la forza di sostenermi...

Manca un’altra carta

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. . . . s’io fossi nuovo: ma ho sentito fieramente tutte le passioni, né potrei vantarmi intatto da tutti i vizi. È vero che niun vizio mi ha vinto mai, e ch’io in questo terrestre pellegrinaggio sono d’improvviso passato dai giardini ai deserti: ma confesso ad un tempo che i miei ravvedimenti nacquero da un certo sdegno orgoglioso e dalla disperazione di trovare la gloria e la felicitá, a cui da’ primi anni io agognava. S’io avessi venduta la fede, rinnegata la veritá, trafficato il mio ingegno, credi tu ch’io non vivrei piú onorato e tranquillo? Ma gli onori e la tranquillitá del mio secolo guasto meritano forse di essere acquistati col sagrificio dell’anima? Forse, piú che l’amore della virtú, il timore della bassezza m’ha rattenuto sovente da quelle colpe, che sono rispettate ne’ potenti, tollerate ne’ piú, ma che, per non lasciare senza vittime il simulacro della giustizia, sono punite ne’ miseri. No; né umana forza né prepotenza divina mi faranno recitare mai nel teatro del mondo la parte del piccolo briccone. Per vegliare le notti nel gabinetto delle belle piú illustri, ben io so che conviene professare libertinaggio, perché vogliono mantenersi riputazione dove sospettano ancora il pudore. E taluna m’insegnò le arti della seduzione e mi confortò al tradimento..., e avrei forse tradito e sedotto; ma il piacere, ch’io ne sperava, scendeva amarissimo dentro il mio cuore, il quale non ha saputo mai pacificarsi co’ tempi e far alleanza con la ragione. E perciò tu mi udivi tante volte esclamare che «tutto dipende dal cuore», dal cuore che né gli uomini, né il cielo, né i nostri medesimi interessi possono cangiar mai!

Nella Italia piú culta e in alcune cittá della Francia ho cercato ansiosamente il «bel mondo», ch’io sentiva magnificare