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ultime lettere di jacopo ortis 273


nella stanza contigua, ov’era il talamo della dea; ed io rimasi a scaldarmi al camminetto, considerando ora una Danae dipinta sul soffitto, ora le stampe di cui le pareti erano tutte coperte, ed ora alcuni romanzi francesi gittati qua e lá. In questa le porte si schiusero, ed io sentiva l’aere d’improvviso odorato di mille quintessenze, e vedeva madama tutta molle e rugiadosa entrar presta e quasi intirizzita di freddo, e abbandonarsi sopra una sedia d’appoggio, che la cameriera le preparò presso al fuoco.

Mi salutava con certe occhiate...; e mi chiedea, sorridendo, s’io m’era dimenticato della promessa. Io frattanto le porgea il libro, osservando con meraviglia ch’ella non era vestita che di una lunga e rada camicia, la quale, non essendo allacciata, scendeva liberamente, lasciando ignude le spalle e il petto, ch’era per altro voluttuosamente difeso da una candida pelle, in cui ella stavasi involta. I suoi capelli, benché imprigionati da un pettine, accusavano il sonno recente; perché alcune ciocche posavano i loro ricci or sul collo, or fin dentro il seno, quasi che quelle picciole liste nerissime dovessero servire all’occhio inesperto di guida; ed altre, calando giú dalla fronte, le ingombravano le pupille: ella frattanto alzava le dita per diradarle, e talvolta per avvolgerle e rassettarle meglio nel pettine, mostrando in questo modo, forse sopra pensiero, un braccio bianchissimo e tondeggiante, scoperto dalla camicia, che nell’alzarsi della mano cascava fin oltre il gomito. Posando sopra un piccolo trono di guanciali, si volgeva con compiacenza al suo cagnuolino, che le si accostava e fuggiva e correva, torcendo il dosso e scuotendo le orecchie e la coda. Io mi posi a sedere sopra una seggiola, avvicinata dalla cameriera, la quale si era giá dileguata. Quell’adulatrice bestiuola schiattiva, e, mordendole e scompigliandole con le zampine gli orli della camicia, lasciava apparire una gentile pianella di seta rosa-languida e, poco dopo, un picciolo piede scoperto fin sopra la noce; un piede, o Lorenzo, simile a quello che l’Albano dipingerebbe a una Grazia ch’esce dal bagno. Oh! se tu avessi, com’io, veduto Teresa

nell’atteggiamento medesimo, presso un focolare, anch’ella appena balzata di Ietto, cosí discinta, cosí... Chiamandomi a mente

U. Foscolo, Prose - I. 18