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vi - orazione a bonaparte 233


Uomini nuovi ci governavano, per educazione né politici né guerrieri (essenziali doti ne’ capi delle repubbliche); antichi schiavi, novelli tiranni, schiavi pur sempre di se stessi e delle circostanze, che né sapeano né voleano domare; fra i pericoli e l’amor del potere ondeggianti, tutto perplessamente operavano; regia autoritá era in essi, ma per inopia di coraggio e d’ingegno né violenti né astuti; consci de’ propri vizi, e quindi diffidenti, discordi, addossantisi scambievoli vitupèri; datori di cariche e palpati, non temuti; alla plebe esosi come potenti, e, come imbecilli, spregiati; convennero con iattanza di pubblico bene e libidine di primeggiare, ma né pensiero pure di onore; vili con gli audaci, audaci coi vili, spegneano le accuse coi benefici e le querele con le minacce; e per la sempre imminente rovina, di oro puntellati con la fortuna, di brighe con i proconsoli e di tradimenti con i principi stranieri. Nella povertá dell’erario, nelle lagrime delle cittá, nelle protette concussioni, unica, perpetua e troppo forse creduta discolpa secretamente vociferavano: doversi alla spada straniera obbedire, e per sommi danni soltanto ricomperarsi lo Stato. Perfidi! Cotanti, e sí ampli e sí profondi moltiplicavansi i danni, che per voi non di presta e generosa morte, ma di lenta agonia obbrobriosamente la repubblica intera periva. Forzati invero talora voi foste, ma voi stessi il piú delle volte volevate la forza; ché né umana né divina possanza può mai costringere a delitti chi alla salute della patria e al proprio onore fortemente e lealmente la sua vita consacra. Irrompevano i Galli vittoriosi nel Campidoglio, dove tutti i romani validi alle armi s’erano rifuggiti alla estrema difesa; mentre i fanciulli, e le madri, e le vergini, e le imbelli turbe, e le vestali, e le matrone fuggivano. Ma i sacerdoti degli dèi e i vecchi consolari e di trionfi insigniti, perché malfermi si sentissero a combattere, non per tanto sostennero di abbandonare la cittá; ma, ornati delle luminose e trionfali lor vestimenta, votarono se medesimi alla patria, e, seduti nel fòro sopra sedie di avorio, aspettavano tranquillamente la sovrastante fortuna. Brenno, invasa Roma ed assediato il Campidoglio, scese nel fòro, e ristette al magnifico e portentoso spettacolo di que’ personaggi, che, senza far motto,