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un tronco anelito, le braccia, e parve che un mesto e languido sorriso gli spuntasse fra i labbri. Di nuovo tentò di parlare; ma, frammezzo a mal articolati accenti, lunghi sospiri e fierissime battute di cuore, con estremo sforzo di voce — Teresa — pronunciando, lanciommi una viva occhiata, chinò la testa e spirò.

La casa si riempí di querele, di pianti e d’ululati. Ognuno corse ad abbracciare la fredda spoglia e baciarla. Oh, come tutti quei buoni pastori si stettero a compiangerlo ed a pregargli pace! Niuno al certo vi avea che di lui non raccontasse qualche tratto di sensibilitá o di beneficenza, e, nel riferirlo poi, spesso gli cadeva le lagrime dalle ciglia. Arrivarono, ma troppo tardi, il medico ed un sacerdote; poiché il non breve cammino e ’l lungo infuriar della tempesta impedirono ad essi di porger pronto soccorso all’infelice. Era giá freddo cadavere!

Non descriverò il mio dolore. Iacopo, tu moristi fra queste mie braccia, ed io ne raccolsi l’estremo respiro!... Ah, perché teco non scesi nella tomba! I nostri cuori come ben s’intendevano! e come io leggeva ne’ tuoi occhi i sentimenti dell’anima!... Tu amasti... ed io!... oh, certo, il cielo mi serbò a maggiori affanni. Io vivo intanto nelle lagrime, e tu riposi eternamente tranquillo!

Lo stile, col quale erasi ferito, ed il ritratto di Teresa giacevano in terra accanto al suo corpo, bagnati ancora del suo sangue. Lo scrittoio era aperto, ed io trovai in buon ordine le sue carte. Le lettere, ch’ei scrisse nelle ultime due sere, erano piegate, ma senza suggello. Si vedea da una parte dello scrittoio il bicchiero di vino non vuoto del tutto, e da un’altra le Tombe d’Hervev, i drammi d’Arnaud, le tragedie di Voltaire ed il suo Plutarco: sopra un piccolo tavolino, ivi appresso, v’erano pochi altri libri di sentimento e di poesia, fra i quali il Petrarca ed il Werther.

La seguente notte fu sepellito, a norma de’ suoi desidèri, a piè del descritto cipresso su la cima della montagna. Né io qui narrerò con quale villereccia semplicitá fosse portato nel sepolcro. Un pianger basso, un rozzo ma soave lamentarsi, una prece affettuosa, un «oh!» sinceramente uscito dal cuore formarono le pure esequie de l’estinto giovanetto. Alcune fiaccole accese, una fila di poveri pastori erano tutta la funebre pompa. Sono ignote in quei luoghi innocenti le idee di fasto e d’ambizione. Non vi basta, o insensati mortali, che la superbia vi circondi nel tempo del viver vostro? Dovrassi ancora vederla trascinarsi carpone dietro al convoglio de’ vostri funerali? I cadaveri de’ ricchi non sapranno forse