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172 ii - vera storia di due amanti infelici


tutti i mortali?... Mi è forza dunque il bere a lunghi e lenti sorsi l’amaro calice dell’insoffribil mia vita?

Questa notte, o Lorenzo, l’ho veduta in sogno: si aggirava pallida e pensosa dentro una folta macchia d’arbori antichi; un negro velo le fasciava la fronte. Ansante m’arrampicava su e giú per il bosco, onde raggiungerla; la chiamava flebilmente e pregava. Ma, quando le sono appresso, e giá le stendo le braccia, mi slancia uno sguardo cosí mesto..., cosí lugubre..., e, lasciandosi ad un tratto cadere il negro velo su la faccia, mi volge muta le spalle..., si rinselva e sparisce. Avanzo il piede timido e vacillante: esce dal piú profondo e basso della macchia un ululo fioco e lamentevole... All’improvviso mi desto, e, tutto bagnato d’un freddo sudore, spalanco gli atterriti miei lumi: non miro che la muta oscuritá, di tratto in tratto schiarita dal languente barlume d’una lucerna, e solo frattanto mi ferisce l’orecchio il tristo suono della funerea campana dei morti.

Che orrore non mi assalse! quai pensieri funesti! quali angosce!

          . . . . . . E dietro mi correa sull’aure
     lungo un rimbombo di voci di pianto,
     che mi fean pianger, tremare, ululare,
     e il perché non sapea!.. 1.

Oh Dio! che sará di Teresa?... Vive ancora? oppure... Non potea proferir di piú. Scese un raggio del mattino albeggiante: raggio benefico! Sopí un poco gli affanni e mi calmò.

Lorenzo!...

Qual cosa è l’uomo alle passioni in preda!


LETTERA LVII

20 giugno.

È vero: fra questi balzi selvaggi e que’ tortuosi monti, che orrendamente verdeggiano, vo tacito errando qua e lá, e salgo e m’aggrappo carpone ora a quel nudo tronco, or a quel spinoso virgulto, e poi stanco mi giaccio e giro pensoso i miei lumi.

  1. Alfieri.