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lettera di teresa a iacopo 163


O santa e pura fede coniugale, perdona un istante di debolezza e d’errore!...

Dio!... Il domestico mi avvisa che or ora Odoardo è qui, il mio sposo! Egli viene...; mi troverá cosí... agitata..., confusa... Tu palpiti, o ingrata sposa? e tu ancora sospiri?

Addio, caro Iacopo. Vivi felice!... ricòrdati... no! obblia per sempre l’infelice Teresa!...

Mezzogiorno.

Mi prevalgo di pochi istanti. Io l’ho veduto il mio sposo! Con quale tenerezza, con quanto amore egli tutto s’abbandonò nelle mie braccia! Non balbettava che la sua Teresa! Tremante io me lo strinsi al seno; e le mie lagrime, i miei baci non spiravano quella soave e pura dolcezza, ch’io vedeva esalare dal suo cuore innocente. Un non so che d’inquieto e di tristo si partiva dalla mia agitata coscienza. Quante volte non tentai di scacciar dal turbato pensiero la tua fatale immagine! quante volte meco stessa non ti giurai un’eterna dimenticanza!... Crudele! rapirmi la mia pace! i deliziosi piaceri dell’innocenza e della virtú! Ma... sí..., ho giurato!

Odoardo, guardandomi fisamente: — In quale stato ti trovo? Che hai tu, mia Teresa? — mi ha detto con aria di turbamento e di amore. S’era bene avvisto dell’estremo pallor di mie guance e dell’abbattuta fisonomia. E che rispondergli, amico? I miei occhi gli davano una vivace risposta, ed il mio labbro appena seppe pronunziare: — Sto cosí poco bene! —

Dopo lunghi, ma interrotti ragionamenti: — E del nostro Iacopo? — mi chiese. Io, chinando gli occhi a terra e quasi arrossendo, sentiva mancarmi la voce: pur ebbi forza di freddamente rispondergli: — È partito. — Un domestico ben tosto aggiunse di averti veduto, mezz’ora fa, salire sul cocchio e d’aver inteso che partivi verso Ferrara. Odoardo allora mi getta un rapido sguardo: poi pensoso, crollando piú volte il capo: — Bene!... oggi, appunto!— Tacque, tornò a vibrarmi una torbida occhiata e partí. Gran Dio! e non sono abbastanza umiliata ed afflitta?

Ricevo in questo istante una tua lettera. Ma lasciami in pace una volta! Non assalire di piú questo cuore, che i miei doveri, la societá, le leggi, i giuramenti, il cielo stesso mi vietano severamente d’offrirti.