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lettera xlvii 159


bagnato de’ miei pianti? la tua bocca, il tuo seno ardentemente compressi da’ miei furibondi baci? Non t’arde il fuoco delle avvampanti mie labbra? Non ti penetrano, non ti abbruciano il cuore i miei sospiri di morte? Sciagurato colui, che con un freddo e superbo sorriso ardisce tacciar di follia queste idee!... Che l’insensato non ami giammai! o arda lungi, e per sempre, dalla sua bella!

Ricevi tu pure ed accogli questo caro compagno delle nostre ore piú dolci. Povero Werther! quanto sono mai simili i nostri affanni! Le carte sono macchiate ancora delle mie lagrime e... delle tue, Teresa! Quando talvolta vi leggerai le note da me scritte su quei margini, dirai teco stessa, ed in braccio alla tua soave melanconia: — L’amico del mio cuore le scrisse. — Ma io forse... non sarò piú! e tu mesta sospirerai!

Teresa, addio! Il cielo è ritornato sereno, nitriscono impazienti i destrieri, il domestico mi affretta, si trasporta il mio baule, e sto per salire ormai sul cocchio; alcuni amici mi salutano e danno il buon viaggio. Oh Dio! par che tutto congiuri, e perché?... perch’io non ti riveda mai piú!... Mai piú? Purtroppo! Addio dunque, addio!

P. S. Parto verso Ferrara. Se la mia debol salute, se il dolore, se la disperata passione mi lasciano qualche giorno in vita, io ti scriverò... sí! adorata Teresa. Mi si offusca la vista e l’intelletto, traballano i miei ginocchi, e provo tutti gli orribili affanni! E pure m’è forza partire, e pure... Addio, Euganei colli; addio, opache selve, mormoranti fonti; voi arbori amati, voi erbe, voi fiori... e tu..., mio angelo..., mia Teresa..., addio!...

Dopo non breve tratto di cammino, seduto ancora entro la carrozza, sospese un poco li affannosi gemiti e scrisse.

LETTERA XLVII

Primo giugno.

Tutto è sparito, o Lorenzo...! Mi trovo, non so come, racchiuso in questa vettura; mi guardo attorno, penso, e non credo a me stesso! Intanto il romor delle rote, il calpestio de’ cavalli, il flagello, che fischia per l’aria, mi stordisce..., mi raccapriccia. Che gelo, amico, che tremore mi assalse, quando montai su questo cocchio fatale! Mi si divelse a brano a brano il mio cuore;