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150 ii - vera storia di due amanti infelici


del suo Iacopo; ma le mancavano poco a poco le forze, le cadeva il braccio, e piangeva. Venne la notte, che placidamente invitava lo stanco mortale al riposo. Invano ella si coricò sulle piume, invano sovente agitava le sponde coll’uno e l’altro fianco: l’invocato sonno a lei non scese..., ma solo il pianto ed il dolore. «Temeva — un giorno mi scrisse — di non piú rivederlo: avrei voluto per l’estrema volta dargli almeno un addio!... A questa idea palpitava il mio cuore, e, quasi pentita, poscia tremava al pensiero di sol vederlo».

Così lung’ora lottò contra la feroce passione che la struggeva. Alfine chiuse alquanto le gravi e stanche pupille. Fu breve il suo sonno, o piuttosto un languido e cupo sopore: turbata da lugubri visioni e da spaventevoli sogni, ben presto si risvegliò. Sbalza smaniosa dal letto al balcone, per consolarsi pure (ed il poteva?) all’aspetto sereno della natura, osservando la tacita luna, che lentamente coll’altre stelle andavasi disperdendo nel colorato orizzonte. Solo il bel astro di Venere si vedea timido tremolar di pallida luce, ed uscire intanto dalle nubi dorate i rossicci raggi dell’alba nascente; ma la bella natura non presentava all’occhio di Teresa che orrore, desolazione e vuoto. Tanto le umane passioni dipinger sanno i circondanti oggetti a norma dei loro felici o pur funesti deliri!

Passava da quell’ora appunto l’ortolano: la vide alzata, e, ricordandosi della lettera di Iacopo, gliela porse. Teresa palpitò nell’aprirla; la lesse sospirando piú volte; incerta ancora, la rileggeva, e di nuovo tornava a leggerla. — L’amico del mio cuore! — essa diceva teneramente — del mio cuore! — Poi ad un tratto, ammutolita, si abbandonò sopra una sponda del letto. Ivi non piangeva, non sospirava: le sue lagrime s’erano disseccate sul ciglio, e spenti sul labbro i suoi sospiri. Un freddo gelo, un brividio le corse per le vene e le piombò di repente sul cuore. Guardava istupidita la lettera, e, crollando languidamente la testa, movea le ciglia, quasi in atto di compassione e di pietá. La fida sua cameriera mi raccontò piú volte che in quei momenti tremava per la salute della sua padrona.

Intanto la sua virtú faceva gli estremi sforzi: essa non avea perduto i sublimi sentimenti dell’onore e de’ coniugali doveri. Amava Odoardo; ma qual colpa se il suo cuore tenero e sensibile s’era fatalmente troppo commosso alla seducente passione d’un amabil giovane, che assolutamente si moriva per lei?