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lettera xxxvii 131


preda alla notte, ed io non sentiva che il canto della villanella e non vedeva che i fuochi de’ pastori. Scintillavano tutte le stelle, e, mentr’io salutava ad una ad una le costellazioni, la mia mente contraeva un non so che di celeste, ed il mio cuore s’innalzava come se aspirasse ad una regione piú sublime assai della terra. Mi sono trovato al piano presso la chiesa: suonava la campana de’ morti, e un senso di umanitá trasse i miei sguardi sul cimiterio, dove ne’ loro cumuli coperti di erba dormono gli antichi padri della villa. — Abbiate pace, o nude reliquie: la materia è tornata alla materia; nulla scema, nulla cresce, nulla si perde quaggiú; tutto si trasforma e si riproduce!... Umana sorte! men infelice degli altri chi non la teme... — In questo mentre mi sento pigliar per un braccio... O anima mia, come gli affetti patetici, che t’inondavano, si sono subito convertiti in piacere!... Era Teresa, uscita per incontrarmi.

S’appoggiò al mio braccio, e noi passeggiammo taciturni per la riva del fiumicello sino al lago de’ cinque fonti. E lá ci siamo, quasi di consenso, fermati a mirar l’astro di Venere che ci lampeggiava sugli occhi. — Oh! — diss’ella con un dolce entusiasmo — credi tu che il Petrarca non abbia anch’egli visitato sovente queste solitudini, sospirando, per le ombre pacifiche della notte, la sua perduta amica? Quando leggo i suoi versi, la mia fantasia me lo dipinge qui..., malinconico..., errante..., seduto sul tronco di un albero, pascersi de’ suoi mesti pensieri e volgersi al cielo, cercando con gli occhi lagrimosi lo spirito di Laura. Io non so come quell’anima tutta celeste abbia potuto sopravivere in tanto dolore e fermarsi fra le miserie de’ mortali! Oh, dolce amico! quando s’ama da vero!... — Ella mi stringeva la mano, ed io sentiva liquefarmisi il cuore.

— Provvidenza divina! — esclamai — era pur fino dalla mia fanciullezza ch’io veniva tutti gli anni fra questi colli: eppur non aveva scoperto mai questo lago, dove il caso mi trasse la prima volta, quando le sue acque mi guidavano a conoscerti.

— Né io voleva passare l’inverno fuor di cittá: vi ho passato l’autunno... felicemente — un sorriso ritardò quest’ultima parola, che fu, o Lorenzo, un coltello al mio cuore. — Ma — proseguí —