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lettera xxvii 115


Io. Certo, egli vi avea dello stravagante, perché parlava un linguaggio al quale i tempi e gli uomini non sono assuefatti. Egli perdé inoltre l’aiuto di coloro che lo lodarono forse nel loro secreto, perché restò soperchiato dagli scellerati, essendo piú agevole approvar la virtú che applaudirla palesemente e seguirla. Per questo l’uomo dabbene in mezzo a’ malvagi rovina sempre; e noi siam soliti ad associarci al piú forte, a calpestare chi giace e a giudicar dall’evento.

Il marito. Egregiamente! Ma, s’egli menò una vita meschina, chi può non ascriverla al suo carattere rigido e malinconico, che diffidava sempre del beneficio?

Io. Tristo colui che ritira il suo cuore dai consigli e dal compianto dell’amicizia, e sdegna i mutui sospiri della pietá, e rifiuta il parco soccorso che la mano dell’amico gli porge! Ma ben mille volte piú tristo chi confida nell’amicizia del ricco, e, presumendo virtú in chi non fu mai sciagurato, accoglie quel beneficio, che dovrá poscia scontare con altrettanta onestá! La felicitá non si collega con la sventura che per comperare la gratitudine e tiranneggiar la virtú.

Il marito. Vi prego, vi prego...: voi andate al di lá. Io non intendo di rimproverare con ciò il vostro amico; ma... diffatti egli rifiutò sdegnosamente l’impiego, che riuscì a’ suoi amici di ottenergli nel governo austriaco.

Io. Ma voi, che pur avete meno fervidamente operato nella rivoluzione, avreste smentito il vostro carattere, diventando ministro della tirannide dopo d’essere stato uno de’ propugnatori della libertá?

La moglie (in fretta). Certo che no: ma chi ha bisogno di pane non deve assottigliar tanto l’onore!

— Inaudita bestemmia! — proruppi; — voi dunque, perché favoriti dalla fortuna, volete avere voi soli il diritto alla virtú; o, perché ella su la oscura vostr’anima non risplende, vorreste reprimerla anche nei petti degl’infelici e illudere in questa maniera la vostra coscienza e la pubblica fama? — Gli occhi di Teresa mi davano ragione, ed io proseguiva: — Coloro che non furono mai sventurati non sono degni della loro felicitá.