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114 ii - ultime lettere di iacopo ortis


attento all’esemplare della mia Giovannina, che, appoggiata a una sedia, scrivea l’«abbici». Coni’io la vidi, m’alzai correndole incontro, quasi per abbracciarla. Caro amico, quanto diversa da quella di prima! Fredda, contegnosa, affettata, stentò pria di conoscermi e poi fece le meraviglie, come s’ella avesse imparato a memoria tutto quello che volea fare o dire. Cianciò di gioielli, di nastri e di cuffie. Noiato io di sì fatta falastrocca, incominciava a rammemorarle la nostra fanciullezza si dolcemente trascorsa fra gli ingenui trastulli di queste campagne. — Ah, ah! — rispose sbadatamente, e prosegui ad anatomizzare l’oltramontano «travaglio» de’ suoi pendenti. Il marito frattanto, gemmando il suo pretto «parlare» toscano di mille frasi francesi, magnificava il prezzo di quelle inezie e il buon gusto della sua sposa. Stava io giá per andarmene, ma un’occhiata di Teresa mi fe’ ritornare alla mia sedia. La conversazione venne di mano in mano a cadere sui libri che noi leggevamo in campagna: allora tu avresti udito messere tesserci il panegirico della «prodigiosa» biblioteca de’ suoi maggiori e della collezione di tutte l’edizioni degli antichi storici, ch’ei ne’ suoi viaggi si prese la cura di completare. Mi sovvenne del nostro Olivo, il quale stava di e notte co’ suoi cinque maestri1, ridendosi di coloro che siedono a scranna professori di frontespizi; e ne chiesi novella. Immagina qual io mi restassi, quando m’intesi freddamente rispondere dalla antica sua amante: — Egli è morto. — È morto! — sclamai, balzando in piedi e guatandola istupidito. Descrissi quindi a Teresa l’egregio carattere di quel giovine senza pari, e la sua nemica fortuna, che l’astrinse a combattere con la povertá e con l’infamia; e morì nondimeno scevro di taccia e di colpa. Il marito ci narrò la sua morte, avvenuta presso a’ colli vicentini, ov’egli s’avea ritirato per celare il delitto di piangere la sua patria; e soggiunse: — Non mi oppongo all’elogio del vostro amico; ma voi per aitro m’accorderete che le sue tante disgrazie sono state tutte figlie della sua stravaganza...

  1. Omero, Plutarco, Tacito, Machiavelli, Montagna. L’editore [F.].