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capitolo quarto | 71 |
24
Poscia ch’ebber sonato la stanghetta,
la mora, il tonos biens del tempo vecchio,
Carlo pose la regal bacchetta,
acciò che a’ rispettosi fusse specchio:
il bel giuppone cavasi con fretta,
dicendo: — Orsú, signori, i’ m’apparecchio
voler danzar; cosí mi segua ognuno;
poi voglio che ’l suo ballo aggia ciascuno. —
25
E ciò parlando, viene a la regina,
che gravemente alzò prima le ciglia,
poi si rileva ed umile s’inchina
a l’alto imperator che a man la piglia.
Li altri, che stanno intenti a la rapina,
seguendo lui, ciascuno s’assottiglia
prender il meglio o quel che meglio pare;
e cosí allor cominciasi a danzare.
26
Cominciasi a danzare a son de’ pifferi
con un cornetto fra lor aggradevole,
al cui sono que’ volti, anzi luciferi,
quel cospetto di donne losinghevole,
que’ drappi d’oro larghi ed odoriferi,
que’ passi, quell’incesso convenevole,
gli occhi de’ spettatori si teneano,
ch’inanimate statue vi pareano.
27
Quivi ben convenia quel sí nomato
cornetto padoano, Zan Maria:
non fu, non è, non mai sará lodato
meglior di lui, anzi ch’egual gli sia;
lo qual, come si dice, si ha mangiato
le lingue d’ogni augello e l’armonia.
Silvestro vagli appresso e un suo germano
e quel Trombon venuto di Bassano.