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68 | orlandino |
12
Berta che rotto vede ’l suo disegno,
la cosa in altro tempo differisce,
si cruccia fra se stessa e n’ ha gran sdegno,
ché Amor piú che mai caldo l’assalisce;
onde, fatta per lui pronta d’ingegno,
trenta belle dongielle a lei s’unisce,
ch’entrar delibra in sala con tal pompa:
che se Milon ha cuor di pietra, il rompa.
13
Giá mille torze da gli aurati travi
pendono accese e fan di notte giorno.
Carlo fra cento capi onesti e gravi
entra ne l’apparato tanto adorno.
Quivi usurari, preti, frati o schiavi
non ponno far un minimo soggiorno:
tutti scacciati sono a la malora,
ché ’n tal luoghi non denno far dimora.
14
Ma Febo e Cinzia e tutte l’altre stelle
ecco, da lunge, in l’ampia sala entraro:
Berta e Beatrice son de le piú belle,
che ’l fiato a milli amanti allor cavaro.
Carlo venendo incontro, accenna quelle,
al cui comando tutte s’assettaro,
ed esso in cima del convito sede,
ove li discumbenti al lungo vede.
15
Stanno le donne a petto de’ baroni
e sonan gli organetti co’ pedali.
Cinto s’avea Cupido a li galloni
duo gran turcassi colmi di piú strali.
Volan i paggi, e cento bandigioni
de cervi, lepri, vituli, cingiali
portan di su di giú per lunghe scale,
come convien d’un rege al carnevale.