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capitolo terzo 49


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A l'investir de l’aste ecco i tronconi
volan in cielo, e molti sono in terra;
alzan le piante in luogo de’ pennoni,
e giá si vien a la piacevol guerra;
quivi a le pugna giocasi e bastoni,
e questo quello, e quello questo atterra:
non hanno spade, brandi, mazze o stocchi;
qual dá col pugno e qual col deto in gli occhi.
25
Mentre si ride a costo di qualcuno,
trenta Lombardi e trenta Maganzesi
correndo fan di polve l’aer bruno.
Ma di Maganza vinti son distesi
e di quel scorno ride ciascaduno;
sol de’ Lombardi cinque novaresi,
tre bergamaschi, e da Cremona un paro
non ebbero al cascar alcun riparo.
26
L’aperta sua vergogna ebbe a dispetto
Ginamo di Maganza e Bertolagi.
Mossero trenta conti e lí, in conspetto
di Carlo Mano e tanti uomini saggi,
contra Lombardi vanno, che ’n obbietto
non han se non le pugna e bon coraggi.
Spiacque l’atto villano al re Carlone,
ed accennò Rampallo e ’l forte Anione.
27
Rampallo abbassa un legno molto grosso
e verso Bertolagi va rinchiuso;
in mezzo de la faccia l’ha percosso,
e un tomo fagli far col capo in giuso.
Ruppesi d’una spalla il nervo e l’osso;
pensate se ’l mastin restò confuso!
Similemente Anione senza scale
smontar fece Ginamo suo rivale.

T. Folengo, Opere italiane. 4