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378 caos del triperuno


al dolce nome sovra ogni altro grato,
nome amoroso, nome aureo e soave,
nome del mio Iesú forte, sacrato,
nome di grazie ponderoso e grave!
Non è macchia sí lorda di peccato,
che ’l dolce nome di Iesú non lave;
nome che chi noma in spirto, sente
mordersi ’l cuore d’un pietoso dente!

Quivi se non in danze e giochi stassi,
danze pudiche, giochi allegri, onesti:
chi su le penne, chi su lievi passi,
que’ leggiadretti spiriti modesti
scorron il bel giardino, or alti or bassi,
quelli de’ boschi per le cime, questi
per le fiorite piagge e verdi prati,
succinti o in bianche stole o nudi alati.

Altri con reti d’oro i pesci snelli
tranno di questo rio, di quello fonte;
altri tendon guazzarsi ne’ ruscelli
chi piè, chi man, chi l’ale, chi la fronte;
altri celan archetti ai vaghi augelli
per macchie e ripe, o sotto o sopra un monte;
altri scaccian de’ boschi e folti vepri
damme, conigli, cervi, capre e lepri.

Vidine molti ancora, con bei freni
di seta e d’oro, stringer lioncorni:
chi li rallenta il morso, chi ’l sostiene
con lievi sbalzi e volgimenti adorni.
Franguelli, piche, merli e filomene
con pappagalli, rondinelle e storni
volan di ramo in ramo, a schiera a schiera,
cantando la sua eterna primavera.