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28 | orlandino |
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S’un mulo magro, vecchio e zoppo ancora
entrat’era il Danese ne la lizza;
toccalo a’ fianchi, e quello in men d’un’ora
si volge ratto al freno, salta e guizza.
L’elmo di zucca, l’armi son di stora,
la sopravvesta inversa di pellizza;
e per cimier ha in capo una cornacchia,
ch’ivi legata si dimena e gracchia.
13
Driccia un forcone su la coscia, e vuole
che tal sua lanza il scudo d’or guadagne.
Ecco su una cavalla, che si duole
da’ quattro piedi ed ha cento magagne,
Morando qual limaca par che vole
coperto a fine piastre di lasagne,
e porta una pignatta per elmetto,
la qual si fa cimier del suo cazzetto.
14
Abbassa una cannuccia, e fassi targa
contra ’l Danese con un calderone;
sprona la bestia, e vien gridando: — Guarda! —
Danese volge a lui col suo forcone;
dannosi un’aspra botta, benché tarda
fusse per spazio di quattr’ore bone;
fra ’l qual tempo Rampallo vi vien anco,
di speronar un asinel giá stanco:
15
un asinel poledro che vint’anni
stentato avea de frati in un convento.
Pensate quante pene, quanti danni
ivi sofferse l’animal scontento!
Al fin ruppe ’l capestro e fuor d’affanni
calzi e corregge trette piú di cento;
e, scampandone, fe’ da buon ladrone:
rubò a gli frati la discrezione.