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selva seconda | 323 |
FÚLICA
— Voglio che sappiáti — diceva quello — che gli asini e gli bovi ancora hanno lo ’ntelletto; non che lo possono avere. Di che ve ne può far chiari Esaia quando dice: «Conobbe il bove il suo possessore, e l’asino lo presepio del suo signore», e David: «Non vogliate — dice — divenire cavalli e muli», e soggiungevi la ragione: «perché sono — dice — senza senno e senza alcuno avvedimento». Per che Cristo, umile e mansuetissimo signore e obbedientissimo figliuolo al suo Padre, non volse montare suopra gli cavalli né suopra gli muli, superbissimi animali e oltre a modo ostinati, ma sí voluntieri si degnò ascendere suopra il mansueto asinello. O beati gli asini e vie piú ch’ogni altro animale felici! O beati quelli che asini divengono e sono degni di portare il Re de la gloria in Gierusalem, cittá de li angioli e de tutti i santi! li quali sempre veggono il sole de la giustizia che rasserena le nostre menti piene d’errori oscuri e folti, e sempre mirano la divina e vera bellezza, la quale gli fa in eterno beati e giulivi. Non posso io qui tacere la soperbia e ’l fasto di coloro che «servi di Cristo» e «suoi discepoli» si fanno chiamare, e temo forte che siano a guisa di quelli servitori dalli quali è luntano il loro signore. [«Sunt ditiores quod fuerant saeculares: possident opes sub Christo paupere, quas sub locuplete diabolo non habuerant». Hieronimus.] Ma se pur di cosí sacro nome si vogliono gloriare, perché essi con piú pompa e con maggiore fasto cavalcano piú ricchi cavalli e piú belli muli che Cristo mai non fece? e perché non cavalcano essi gli asini, come ’l loro maestro e signore (come dicono) gli ha dato esempio? Ma in ciò prudentemente hanno fatto e fanno, ancora cavalcando quelli animali gli quali loro piú assomigliano.
— Deh! guarda bene — disse allora Liberato a l’asino — e considera quello che tu parli; ché se per mala sciagura mai si saprá, tu ne sarai molto male trattato, ed io ti so bene accertare che tutte l’ossa con un grosso bastone rotte ti saranno in dosso in cosí fatta guisa che mai piú non portarai soma, ma miseramente di questa vita passarai. Né ti giovará mercé per Dio chiedere: per te morta sará pietá, né potrai alcuno aiuto o