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selva seconda | 305 |
Limerno. Io bene di cotesto tuo ravviluppato Caos mi sono maravigliato, lo quale potrebbe a gli uomini dotti forse piacere; ma non lo credo, e spezialmente per cagione di quelle tue postille latine suso per le margini del libro sparse.
Triperuno. Io per confonderlo piú, come la materia istessa richiede, volsivi ancora la prosa latina in aiuto de lo argomento porre.
Limerno. Lasciamo in disparte lo stile tuo, o sia pedantesco o triviale; ma peggio è, che sono quelli versi mordaci de la fama di tale che leggermente potrebbeti offendere. Tu non conosci ancora, buono uomo, la rabbia d’una adirata ed orgogliosa donna, la quale tengasi da qualcuno oltraggiata e sprezzata.
Triperuno. Qual bene o male posso io sperare o temere da questa larva o volsi dire Laura?
Limerno. Voglia pur Iddio che tu non ne faccia veruna isperienza!
Triperuno. In qual modo un sacco di carcami, una cloaca di fango, una stomacosa meretrice del dio Sterquilinio è per vendicarse di me?
Limerno. Con mille modi, non che uno.
Triperuno. Come?
Limerno. È peritissima vendicatrice.
Triperuno. Qual sí terribile ruffiano d’una trita bagascia prenderia giammai la difesa?
Limerno. Non vi mancano gli affamati al mondo. Ma sei male, Triperuno, su la via di conoscere, in cui posciati ella danneggiare.
Triperuno. Avvelenarmi?
Limerno. No.
Triperuno. Farmi con ferro uccidere?
Limerno. Né questo ancora.
Triperuno. Tôrmi la fama?
Limerno. Non ha credito.
Triperuno. In qual foggia dunque?
Limerno. Trasformarti in uno asino.
Triperuno. Che dite voi?