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280 caos del triperuno


MERLINO E LIMERNO

Merlino. Oh quanto m’è giovato questa dolcezza!

Limerno. Or vedi tu dunque che sin a te la soavitade di rime toscane sono aggradevoli?

Merlino. Per qual segno conosci tu in me cotal effetto essere?

Limerno. Come! tu non hai giá detto questa dolcezza averti non poco gradito?

Merlino. Sí, del sonno che ho fatto.

Limerno. Tu dormevi dunque mentre io cantava?

Merlino. Che maraviglia! non sei tu giá di minor vigore d’una sirena!

Limerno. Dormevi tu, caro Merlino?

Merlino. Domine, ita. Ben ti lo dissi da prima.

Limerno. Che cosa?

Merlino. Di componerti un sonnetto.

Limerno. Or baldamente t’intendo: grandissima è la differenzia tra lo «sonnetto» e «sonetto».

Merlino. Quanto è tra ’l persutto e lo schenale.

Limerno. Io ti voleva domandare lo giudizio tuo sí de lo verso come del recitatore; ma, per quello che me ne pare, ho ragionato con le mura.

Merlino. Anzi, e la campana e lo campanaro mi è piaciuto, ma...

Limerno. Ma che?

Merlino. Aggradito m’averia piú, se...

Limerno. Se che?

Merlino. Se piú lungo fusse proceduto.

Limerno. La cagione?

Merlino. Per piú dormire.

Limerno. E pur gran torto me fai non ascoltarmi cosí come io voluntieri ascolto te, non giá per fasto e vanagloria, ma per avere solamente qualche avviso da gli uditori, se dicendo nell'instrumento mi sconcio troppo nel volger il capo, nel girar de gli occhi, nel finger caldi sospiri, se graziosamente o no tengomi