Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
TRIPERUNO.
D’errori, sogni, favole, chimere, [«Tria sunt difficilia, quarum penitus ignoro: viam aquilae in coelo, viam colubri super petram, viam viri in adolescentia sua». Eccles.]
fantasme, larve un pieno laberinto,
ch’un popol infinito, a larghe schiere,
assorbe ognora, tien prigione e vinto,
voglio sculpir non ne l’antiche cere,
non ne le nove carte; anzi depinto
di lagrime, sudor, di sangue schietto
avrollo in fronte sempre o ’n mezzo ’l petto.
In fronte o ’n mezzo ’l petto, ovunque io perga,
terrò qual pellegrino mie fortune;
datimi, o muse, una cannuccia o verga,
ch’io, scalzo e cinto ai fianchi d’aspra fune,
veda come ’l sol esca e poi s’immerga
ne l’Oceàno, e come ardendo imbrune
qua li etiòpi e lá di neve imbianchi
tartari e sciti del bel raggio manchi.
Ma poi che di mia sorte il duro esempio
mostrato abbia del mondo in ogni clima,
fia cosí noto, appeso in qualche tempio [«Me tabula sacer | votiva paries indicat uvida | suspendisse potenti | vestimenta maris deo». Horat.]
od in polito marmore s’imprima,
che chi mirando ’l cosí acerbo ed empio,
considri ben qual sia buon calle, prima
che l’un d’ambi sentieri d’esta vita
si metta entrare a l’ardua salita.