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selva prima | 213 |
N on t’invaghir dunque, omo de la terra.
A nzi contendi (ove di gloria il mare
T u lieto solcarai) salir in cielo,
U’ sempra t’arda l’amoroso fuoco.
R iposto d’alma in alma in somma pace.
E sotto i piedi ti vedrai le stelle.
F ece l’alto fattor, sopra le stelle
E giú nel piú profundo de la terra,
D ue stanze, l’una detta eterna pace,
E l’altra, di perpetuo foco mare.
R inchiuso entro la terra, a l’ombre, è il foco;
A l’alme, gioia eterna su nel cielo.
Fe’ Dio l’uomo di terra, che ’n le stelle
avesse pace; ma chi nacque in mare [Venus, quae maris e spuma nata est, pro voluptate carnali accipitur.]
trallo dal cielo in sempiterno foco.
TRIPERUNO.
Poscia che vide, per Industria ed Arte,
Natura finalmente l’uomo in piede
correr veloce in questa e ’n quella parte,
ed esser l’animale, il qual possede
alto saper e di ragion dottrina,
che fôra poi d’eterna vita erede,
con lieto e dolce aspetto a me s’inchina,
qual mansueta madre che al figliolo
prima di sdegno fu cruda e ferina.
D’innumerabil figli dentro il stolo
da lei fui ricondutto al bel giardino
dove altrui vive lieto e senza dolo.