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selva prima | 207 |
«Qual è chi viva e non vedrá la morte?»,
David cantava lieto ne la cetra,
bramoso il gentil spirto d’esta tetra
prigion uscir a la celeste corte.
Però di’ meglio, ch’io puotendo tiri
tanti miei figli tosto d’esta tomba,
ché un cor non piú s’incende al son di tromba,
d’un’alma santa a gli ultimi sospiri,
né farle può Natura piú grand’onta
che ’n questa vita sua menarla in lungo,
la qual pò invidiar un fior, un fungo,
che nasce e mor fra un sol ch’ascende e smonta.
ANCHINIA.
Stolto parlar se non stolta risposta
potrebbe aver; onde chi sempre tacque
a gli insolenti detti, sempre piacque:
dico quanto al clistero o sia sopposta.
Ben si potrebbe un portico, un palagio,
un vestal tempio ed un anfiteatro
addurre in loda mia, l’arme, l’aratro,
la nave e tante cose; ma ’l malvagio
rancor t’accieca e légati la lingua,
che non pò dir quel che ragion la sferza.
Tu non sei prima né seconda e terza,
quando che l’ordin nostro si distingua,
se ti credi esser, non di te son quarta.
Roditi pur, se sai, che non ti cedo;
e s’attendermi vòi mentre ch’io riedo,
possio condur chi tal dubbio diparta.