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selva prima 201


Parlava la donzella e gran diletto
favoleggiar di quello si prendea,
quando l’altra, giungendo a lei rimpetto,
con voce e viso altier cosí dicea:

TECNILLA.

Su, presto, Anchinia, su, che tardiam noi? [«Praestantissimum animal est homo in terris existens». Apuleius.]
Esca d’impaccio omai, né piú si lasce
tanto bel spirto avvolto in quelle fasce,
ché aver eterni in ciel dé’ i giorni soi!

ANCHINIA.

Far una impresa tostamente e bene,
che d’alto pregio ed eccellente sia,
nostra vertú non è, Tecnilla mia,
ma solo al Re celeste ciò conviene.
Egli sol è, che tra ’l pensier e l’atto
non cape tempo, quanto esser può, breve;
che producendo un fior non ha men leve
fatica, ch’ebbe a far quanto è mai fatto.
Quest’animal è di maniera tale, [Homo omnium animalium excellentissimus difficiles habet ortus incrementaque tarda.]
che, qual sia per venir, non vien sí presto;
cosa non giá d’altro animai, ché questo
vive dapoi, quell’è caduco e frale.
Però gran tempo, ove l’arte s’impaccia,
va tanto piú quant’è l’opra piú degna:
tu stessa el sai, né alcun altro te ’nsegna,
se non la prova e le tue stanche braccia.

TECNILLA.

Non le dir stanche, ove ’l sudor gradisce, [«Generosos animos labor nutrit». Sen.]
ché un dolce incarco mai non fa stracchezza;
onde, quanto lo indugio, la prestezza
perfettamente ogni opra sua compisce;